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Le nostre mogli negli abissi – NdT

Ogni libro difficile è difficile a modo suo – credo di averlo già scritto in passato. E Le nostre mogli negli abissi è stato, per me, un libro difficile per diverse ragioni.

In primo luogo perché è un romanzo bellissimo, che ho amato profondamente, quindi volevo rendergli giustizia. E poi perché ha una voce tanto riconoscibile quanto impervia, che andava preservata a tutti i costi.

La scrittura di Julia Armfield è spigolosa, a tratti aspra, più evocativa che esplicativa. E Le nostre mogli negli abissi è un libro di atmosfere e di non detti. Non ci sono strizzatine d’occhio, ammiccamenti, artifici retorici. Tutto è estremamente essenziale, affilato. Insomma, colpisce e affonda. E, per ovvie ragioni, doveva essere così anche in italiano. E per me, che sono abituata a voci più sbarazzine, forse più compiaciute – e talvolta perfino autocompiaciute – è stata una bella sfida.

Non solo. In questo libro è importantissimo il ritmo. Il ritmo della struttura narrativa, come quello della scrittura, sembra riprodurre il moto ondoso. Il romanzo è narrato da due voci diverse, quella di Miri e quella di Leah, che si alternano dall’inizio alla fine. Ed è un continuo andirivieni tra presente e passato – e passati, al plurale – ma anche tra un luogo e l’altro – tra la terraferma e l’oceano. Per riprodurre quel movimento, mi sono in larga parte affidata ai verbi, sfruttando la ricchezza dei passati della lingua italiana, e muovendomi quindi tra presente e passato prossimo, trapassato prossimo e passato remoto, a seconda dei casi.

Le nostre mogli negli abissi mi ha costretta a immergermi – e non solo in senso figurato – nel testo, a scandagliarne ogni sfumatura, anche quelle apparentemente invisibili – si fa con tutti i libri, direte voi; sì e no, rispondo io.

C’è poi un’altra cosa che vorrei aggiungere. Spesso, a distanza di tempo, dimentichiamo (quasi) tutto dei libri che abbiamo tradotto, tranne un dettaglio: cosa succedeva mentre lo traducevamo – cosa succedeva nella nostra vita, nel mondo fuori. Ecco, mentre traducevo Le nostri mogli negli abissi – nel corso di un’estate torrida, mentre tutto intorno andava letteralmente a fuoco – per qualche giorno non si è parlato d’altro che della vicenda del sommergibile scomparso nei pressi dei relitti del Titanic. Confesso di aver fatto una gran fatica a seguire la cronaca in quei giorni perché una parte di me – quella parte che da settimane si trovava negli abissi con Leah – conosceva già l’epilogo.

Julia Armfield

Le nostre mogli negli abissi

Bompiani

pp. 240


DISCLAIMER: I miei post non hanno la presunzione di rivelare la verità assoluta. Sono solo riflessioni di una traduttrice tra tante. Dicono qualcosa del mio approccio a questo lavoro, che non è l’unico e – soprattutto – non è necessariamente quello migliore. Ma tant’è.